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Amati da Dio
La parola del parroco
Ci prepariamo a vivere il nostro avvento 2023 in ascolto di diverse storie di vocazione, scopriremo che ciascuna nasce dalla gratitudine e dalla riconoscenza: «In primo luogo, la riconoscenza. Proprio perché ci siamo scoperti amati da Dio, sentiamo di avere un debito di amore gli uni verso gli altri» (M. Delpini, Viviamo di una vita ricevuta).
I discepoli di Gesù, anzitutto, dovrebbero essere uomini e donne eucaristici, riconoscenti. Per quanto, talora, le circostanze non siano apprezzabili, in un cammino spirituale e vocazionale, personale e comunitario, si riparte sempre da lì, ci si deve educare a questo sguardo, a rimanere con il Figlio di fronte al Padre, a riconoscere che, in ogni istante, «al principio della mia esistenza sta un'iniziativa, un Qualcuno, che ha dato me a me stesso» (R. Guardini, Accettare sé stessi). 
«Sono stato dato, e dato come quest'individuo determinato. Non semplicemente come uomo, ma come questo uomo: appartenente a questo popolo, a questo tempo, di questo tipo e con queste attitudini. Fino a quelle ultime determinazioni, che semplicemente esistono una volta soltanto e cioè in me; a quella peculiarità ultima che fa sì che in tutto quanto faccio io riconosca me stesso, e la quale s'esprime nel mio nome. In tal modo, tuttavia, è posto anche un compito. Ho il dovere di voler essere quello che sono; davvero voler esser io, e io soltanto. È la forma fondamentale di tutto ciò che si chiama “vocazione”; perché a partire da ciò mi rivolgo alle cose, e dentro ciò le accolgo» (ibidem). 
Si riparte dunque, sempre, dall'accettazione grata del dono e, allo stesso tempo, dallo stupore di fronte al Donatore che accompagna la nostra vita. «Solo chi ringrazia per il poco, riceve anche grandi  doni. Impediamo a Dio di farci i gran- doni spirituali che ci ha preparato, perché non siamo grati dei doni di ogni giorno» (D. Bonhoeffer, Vita comune). Dalla gratitudine sgorga più spontanea e adeguata l'attitudine al servizio, al percepirsi, con letizia, "servi inutili". I "servi inutili" non sono quelli il cui servizio è superfluo. Al nostro posto, infatti, siamo preziosi e chiamati ad essere fecondi. I "servi inutili" sono quelli che non dipendono dal compenso e dalle gratificazioni, sono liberi dall'esito, sono disponibili a lasciare; essi percepiscono di aver già ricevuto all'inizio, il loro servizio è risposta al dono previo.
La gratitudine e il servizio si giocano nel qui ed ora che ha, per ciascuno di noi e per ogni comunità, la sua specificità. Se non troviamo la gratificazione immediata nel cammino che il Signore ci indica possiamo lasciarci illuminare dalle parole del Papa nel suo viaggio apostolico in Mongolia, ci incoraggiano: «Non abbiate paura dei numeri esigui, dei successi che tardano, della rilevanza che non appare. Non è questa la strada di Dio. Sì, Dio ama la piccolezza e ama compiere grandi cose attraverso la piccolezza, come Maria testimonia».

Don Alessio
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